In occasione dello spettacolo Shakespeare / Poemetti, di e con Valter Malosti, sabato 23 novembrealle ore 18.00 nel foyer del Teatro Menotti, presentazione del libro Poemetti di William Shakespeare, Torino, Einaudi 2022, traduzione di Valter Malosti.
Dialogo tra Valter Malosti e Maggie Rose, scrittrice e docente di Storia del teatro inglese e letteratura inglese presso l’Università degli Studi di Milano.
Punto vendita libri a cura della libreria Centofiori.
Scritto nel 1593 durante la peste di Londra, il poemetto erotico-mitologico Venere e Adone dà una versione modificata della vicenda raccontata da Ovidio. Come paradigma dell’eros piú carnale e ossessivo diventerà un best seller, ristampato innumerevoli volte. L’anno dopo Shakespeare riprende un episodio dell’antica storia romana: lo stupro di Lucrezia da parte di Sesto Tarquinio (figlio di Tarquinio il Superbo). Un raptus di violenza incontrollabile raccontato per la prima volta, in modo sconvolgente, direttamente dalla voce della donna che ne è vittima. Venere e Adone e Lo stupro di Lucrezia, oltre ad essere due capolavori assoluti, sono le uniche opere di Shakespeare di cui il drammaturgo abbia curato la stampa personalmente, cosa mai accaduta né con le sue opere teatrali né con i Sonetti. Si tratta di due testi di grande raffinatezza stilistica ma anche di grande potenza narrativa e drammatica. Non a caso Valter Malosti li ha messi in scena in due spettacoli memorabili e premiati. La traduzione è dunque quella realizzata per la rappresentazione teatrale. Lo stesso Malosti nell’introduzione ci racconta il personalissimo rapporto con i due poemetti e ne dà un’interpretazione originale che tiene insieme le ragioni della filologia e del teatro.
Dagli APPUNTI DI LAVORO di Valter Malosti
Venere e Adone
Venere e Adone sfugge a qualsiasi definizione: comico oppure tragico, leggero oppure profondo, un inno alla Carne oppure un ammonimento contro
la Lussuria: il poemetto è un mixtum in cui tutti i termini di queste antitesi sono simultaneamente veri. Introducendo nella sua storia un conflitto erotico che nelle Metamorfosi di Ovidio non era presente, Shakespeare ha fatto qualcosa di più che produrre un sicuro effetto comico – anche
se questo “di più” passa precisamente e innanzitutto attraverso la comicità. Venere è una dea/macchina, dea ex machina ma anche sex machine, macchina barocca che tritura suoni e sputa parole. Una macchina di baci, una macchina schizofrenica di travestimento, una macchina di morte per l’oggetto del suo amore: Adone.
Lo stupro di Lucrezia
[…] La storia di come Sesto Tarquinio stupri Lucrezia, invasato di lei dopo le lodi del marito Collatino all’interno di una bizzarra gara tra generali, e di come il suicidio della vittima spinga il popolo romano a ribellarsi e a liberarsi dal giogo della tirannia monarchica era stata succintamente
narrata da Tito Livio e Ovidio e poi da Chaucer. In Shakespeare la voce di Lucrezia si dilata e diviene uno dei più alti esempi di meditazione sulle conseguenze dello stupro visto dalla parte di una donna. Un atto di terribile violenza raccontato direttamente dalla voce della vittima che
si dispiega in un lungo e altissimo flusso di coscienza, in una lunga catena di versi di una forza poetica e di una modernità davvero sconvolgenti: lamentazioni, introspezioni, allegorie, invettive contro il Tempo, la Notte, l’Occasione, e una ekphrasis che è capolavoro assoluto, la descrizione di un quadro di argomento troiano, memore forse di Giulio Romano e di Mantova, in cui il sacco della città diviene metaforicamente la violazione di Lucrezia. Ma a impressionare ulteriormente il lettore è l’acutissima indagine nella psiche del carnefice, la lucida radiografia dei suoi impulsi tortuosamente contradditori. Lucrezia e il suo suicidio hanno provocato vibranti polemiche e contrapposizioni fin dai tempi di Agostino: “ammazzando sé stessa ha ammazzato un’innocente”. Shakespeare qui dispiega la sua potentissima lingua, con una specie di equilibrio incantatore che ci inghiotte nella musica delle parole senza concederci una qualche sospensione liberatoria. Una lingua tesa, materica, che viene attraversata e sorretta da una partitura sonora soprattutto percussiva, inquieta e multiforme.
Info:
ingresso libero